Carrambata da stadio... emh, scusate, da STASIO, con videomessaggio!

29.04.2020

Giuseppe Stasio nella stagione 1984-1985 con la maglia del TORO. E' il quarto nella fila in alto da sx.

Stasio al Partenio di Avellino affronta la Juventus del Barone Causio.

Ammetiamolo, un po' di curiosità sulla nostra pagina social l'abbiamo creata. Quel numero 10 in maglia verde di fronte al Barone Causio ha creato interesse, e qualcuno ci ha azzeccato. Noi siamo riusciti a rintracciarlo. Giuseppe Stasio, dopo 36 anni, é quiiiiiiiiiiiii.

Un’annata sfortunata. Ma era una signora squadra benché retrocedette. Una squadra che si portò dietro l’onore (onta per gli avversari) di aver battuto il Nola grandi firme, che aveva fatto giusto in tempo a fare passerella alla Domenica Sportiva per essere celebrata come la squadra dei record. Una squadra che poteva benissimo salvarsi, se non fosse capitata in un girone di ferro (come al solito), e se non avesse avuto una falsa partenza a causa della tardiva programmazione, sintesi delle macerie post abbandono Giangrande. I presidenti Dell’Anna e De Simone fecero il possibile per alimentare il fuoco della salvezza, e nomi di spessore arrivarono alla corte del TORO, ma non bastò. C'erano Di Salvatore, Parisi, Galati, Dimarcantonio, Jannamico, Esposito, Berardi, Mazzei, Angelino, Pontrelli, Tornese e i giovanissimi Monacizzo, Chezzi, e tanti altri ragazzi neritini che oggi darebbero lustro alla serie D. Ma uno su tutti era un talento. Uno che fino a 4 anni prima aveva calcato i campi della Serie A e che si ritrovò catapultato nei dilettanti a 24 anni, ancora calcisticamente relativamente giovane e con tutte le potenzialità di risalire. Parliamo di Giuseppe Stasio. Peppe per gli amici. Napoletano classe 1960. Arrivò in maglia granata nel mercato di riparazione (novembre 1984) e il primo flash di quell’acquisto, nel polveroso comunale, fu sia il numerosissimo pubblico accorso, più del solito e spinto dalla curiosità,  alla partitella del  giovedì contro la Berretti, sia la stazza, la tecnica e la signorilità delle movenze che mettevano in evidenza le indubbie doti. Uno di quei calciatori insomma che per grazia ricevuta nascono talentuosi e che ti fanno esclamare: “quistu ghé sciucatore”! Peppe Stasio era questo, ma neppure la sua classe bastò quell’anno. Siamo riusciti a rintracciarlo, oggi romano di… Napoli. Già, perché oramai trapiantato da 27 anni nella capitale al servizio della “magica” e di quello sport dal quale non si è mai separato. Sorpreso, giustamente, ma felicemente onorato, ha accettato di buon grado di rispondere alle nostre domande, inviandoci, dulcis in fundo, anche un breve video di saluti. Certo i capelli neri e ondulati sono un ricordo della memoria, ma sono passati 36 anni e benché la fisionomia può cambiare, restano vivi e lucidissimi i ricordi.  

Peppe un piacere ritrovarti e ospitarti nei nostri canali di comunicazione. Prima e ovvia domanda. I ricordi dell’annata 1984-1985.

Un’annata sfortunata. Il ritardo accumulato nella programmazione fu determinante.  Arrivai a novembre ed ebbi subito sensazioni incredibili. Una grande piazza ed un posto meraviglioso. Avrei voluto giocare tanti anni con la maglia granata addosso e forse, chissà, mettere anche radici giù da Voi.

I primi compagni che ti vengono in mente.

Ricordo Rino Parisi su tutti, poi Erminio D’Elia. Personaggi unici e tra altre cose neritini. Ma ho un ottimo ricordo di quasi tutta la rosa della squadra, così come di Mr. Orlando.

Della città?

Vivevo a Santa Maria e sfido chiunque a dire di non essere stato fortunato. Posti meravigliosi che mi sono rimasti nel cuore. Alzarsi la mattina e fare colazione su quella costa stupenda è qualcosa che non ha eguali. Inoltre, specialmente dal Presidente De Simone, ricevevo la massima attenzione ed ero messo nelle migliori condizioni per dare il massimo.

Dalla Serie A ai dilettanti però…

E’ il mio cruccio, ma sono sincero. Mi ritenevo forte e per questo non mi mettevo al servizio dei compagni e della squadra nel modo migliore. Pensavo che bastava la tecnica a fare la differenza. Ero poco propenso al sacrificio e ne ho pagato lo scotto. Oggi da allenatore e da scuot dico sinceramente che uno come me in squadra non lo prenderei mai. Arrivai a Nardò dall’Olbia, prima ancora sono stato alla Nocerina provenendo dalla serie A con l’Avellino.

Poi la tua carriera come è stata?

Andai all’Aesernia in C2 e poi firmai un biennale col Catania, ma dovetti rinunciare per ragioni lavorative della mia ex moglie che mi portarono a trasferirmi a Roma e a giocare nell’Almas.

A fine carriera?

Ho il patentino di allenatore professionista e sono iscritto all’albo dei Direttori Sportivi. Lavoro per la Roma, dove dal 93 al 99 ho fatto scouting. Dal 2000 al 2006 ho fatto l’allenatore delle giovanili, sempre nella Roma, poi da allora, ininterrottamente, sono ritornato a fare lo scout sportivo che, francamente, preferisco. 

Sei mai ritornato a Nardò in questi anni?

No e me ne dispiace. A febbraio però sono stato a Gallipoli a vedere il torneo Caroli, ma non ho avuto l’opportunità di rivisitare Nardò, dove, ribadisco, sono arrivato nel periodo sbagliato.

Grazie Peppe, un abbraccio e un doveroso “in bocca al lupo”.

Godiamoci questo breve videomessaggio di saluto.

 

 

 

 

Erba di casa... nostra. English lawn.
Giordano Pantano questa sera in videoconferenza.